AL CASTELLO SI RECUPERA LA "MEMORIA DEL MEDITERRANEO" - “La memoria del Mediterraneo” è custodita all’interno del castello arabo-normanno, che è il più autentico e storico biglietto da visita di Castellammare. Il maniero, infatti, è oggi un polo museale realizzato negli ultimi anni dall’amministrazione e patrimonio di tutti, che si propone come strumento per instaurare una continuità tra passato e presente. Nelle sale del castello è possibile innanzitutto visitare il Museo dell’acqua e dei mulini, frutto di un progetto europeo sviluppato con lo scopo di mettere in evidenza la stretta relazione tra uomo e macchina. In esposizione differenti attrezzi utilizzati in agricoltura: testimonianze delle tecniche agricole e dei modi di vivere antichi del territorio. Tale museo è collegato a quello delle attività produttive (Fondazione “Annalisa Buccellato”), in cui sono conservati oggetti di uso quotidiano degli artigiani di un tempo di un tempo, con gli utensili necessari alla coltivazione dei campi. Nel Museo archeologico sono esposti ceppi d’ancora e le anfore da trasporto risalenti al periodo romano: Castellammare fu infatti l’emporio segestano di cui hanno parlato grandi storici del passato (Tucidide, Stradone, Cluverio). Le tradizioni legate alla pesca rivivono invece nel Museo delle attività marinare (*oggi in via Mascagni): in bella mostra una collezione di attrezzi per la pesca del tonno e strumenti per la navigazione nelle acque del Golfo, dove flotte commerciali e branchi di tonni, in epoche remote, rappresentarono per tanto tempo lo strumento per far fiorire Scopello con la sua antica tonnara. Pannelli illustrativi con foto, materiale multimediale, disegni, mappe e relazioni illustrano ai visitatori il significato di tutto ciò che si presenta dinanzi a loro nel museo. Il polo museale è arricchito da un’attrezzata sala conferenze dedicata alla memoria storica, la sala dedicata ai beni culturali e paesaggistici della città e del suo territorio e due sale dedicate agli eventi culturali e di spettacolo di maggiore rilievo, ovvero la sacra rappresentazione “Nostra Principalissima Patrona” e “Castellammare sul set”: film, fiction, spot pubblicitari e reality girati a Castellammare. Il castello, inoltre, offre un’affascinante panoramica della marina e del golfo.
VIAGGIO IN UN MONDO SOMMERSO - Mute subacquee, maschere, bombole d’ossigeno: il minimo occorrente, per scoprire i segreti del mondo sommerso tra Castellammare e San Vito Lo Capo. Ma bisogna saperci fare, perché con la pressione, sott’acqua, non si scherza. Fauna e flora marine convivono, in questo mondo tutto da esplorare. Anemoni, spugne, madrepore popolano questi fondali, colorandoli assieme a colonie di astroides, gorgonie e spirografi. Di sicuro, tra i punti più visitati dai sommozzatori c’è la Grotta della Ficarella, ricca di stalattiti e incrostazioni calcaree pressoché uniche e molto interessanti dal punto di vista scientifico: al suo interno, una sorgiva di acqua dolce crea un effetto ottico particolare miscelandosi con l’acqua salata e genera una bolla d’aria oltre il livello del mare. Un altro luogo che si segnala per la sua ricchezza faunistica è Punta Leone. Lì si arriva a quota 30 metri di profondità. Poi, la Parete dell’Impisu, il Canyon e il Museo sommerso con diverse tipologie di manufatti e anfore.
E per chi è alla ricerca di avventure in stile “Recuperate il Titanic”, ecco presentarsi nelle acque al largo di Scopello e di San Vito due relitti. Il primo è quello del Capua, una nave armata naufragata nel corso della seconda guerra mondiale. Il Capua giace a poche centinaia di metri dalla costa, al largo di Mazzo di Sciacca, in buono stato di conservazione e adagiato su un fondale di circa 40 metri, come se fosse in assetto di navigazione. Si tratta di una nave mercantile che affondò nel 1943, a causa di un incendio a bordo mentre era diretta a Tripoli trasportando un carico di armi destinato alle truppe italiane in Africa (l’equipaggio riuscì a salvarsi). Il secondo relitto è quello del Kent, noto anche con il nome di “nave dei corani” in quanto trasportava nelle stive, oltre a migliaia di chili di sigarette, polietilene e zampironi, migliaia di copie del Corano. Il Kent, un cargo di nazionalità turca, si inabissò anch’esso a causa di un incendio nel 1978 nei pressi di San Vito Lo Capo (salvo, pure in questo caso, l’equipaggio) e, come il Capua, giace in buone condizioni, su un fondale sabbioso di 50 metri tra aragoste, polpi, murene, saraghi, cernie e corvine che ormai ne hanno preso il possesso (*vedi anche il post pubblicato l'8 luglio 2009, relativo al rinvenimento di un altro relitto tra Castellammare e la foce del fiume San Bartolomeo). Da tanto tempo, il WWF insiste per rendere le acque dello Zingaro una riserva marina.
INICI, ECCO LE GROTTE DELLE MERAVIGLIE - Dentro la montagna di Castellammare c’è un mondo da molti sconosciuto. Potrebbe sembrare un mondo fantastico. Invece è reale. Modellato dalla natura, all’interno di grotte da essa stessa create e in cui i nostri lontanissimi antenati, quelli vissuti nella preistoria, hanno lasciato testimonianze destinate ad essere scoperte e trasferite oggi nei locali della Soprintendenza ai Beni archelogici, culturali e ambientali di Trapani. Per ammirare questo mondo fatto di stalagmiti e stalattiti, e anche di laghi in inverno, bisogna farne, di strada. Per raggiungere il paradiso castellammarese degli speleologi, per entrare nell’Abisso dei Cocci, nella Grotta del Cavallo (detta anche dell’Eremita), occorre soprattutto l’attrezzatura adatta. Per saperne di più, abbiamo parlato con Giuseppe Iracani, Vito Di Stefano e Salvatore Giallo del Cai (Centro Alpino Italiano) di Castellammare. “Le grotte – spiega Iracani, nel ruolo di guida per il perfezionamento tecnico - sono gestite dal Cai di Palermo, di cui il Cai di Castellammare aspira a diventare sottosezione. In pratica, abbiamo in gestione queste grotte, che la Soprintendenza di Palermo ci ha concesso”. Di reperti archeologici, ne sono stati trovati parecchi, al loro interno: “Cocci di vasi – afferma Iracani – che adesso sono custoditi alla Soprintendenza di Trapani”. Le grotte sono raggiungibili a partire dalla strada della Vaccheria, in direzione dele Terme Segestane, attraverso un sentiero naturale da percorrere a piedi per almeno mezz’ora. Il Cai organizza escursioni guidate con cadenza settimanale: “Quasi ogni domenica – riferisce Vito Di Stefano, istruttore del Cai e responsabile di queste grotte – per gruppi di dieci persone per volta. Chiunque può partecipare alla gita, purché sia in grado di affrontarla (non è una semplice passeggiata), armandosi di scarpe da trekking, abbigliamento comodo e casco. Ai partecipanti chiediamo anche piccoli contributi spese: dobbiamo pur mantenerci, per dare continuità a queste attività, che si svolgono tutto l’anno”.
LA GROTTA DI SANTA MARGHERITA - Si tratta di un'ampia grotta su una parete a strapiombo a 15 metri sul livello del mare. Vi si scorgono diverse pitture databili tra il XIII e il XIV secolo: una Madonna con Bambino, affiancata da un santo e da un altro pannello a destra, contenente un personaggio non identificato, e in fondo un grande pesce ed una santa circondata da angeli, infine sul lato opposto, a sinistra dell'ingresso, una Crocifissione e altre figure. Nei pressi della grotta sono state rinvenute tracce di un impianto per la lavorazione del pesce e la produzione del garum, una salsa di pesce che gli antichi romani utilizzavano come condimento per i loro pasti.
TERME DI SEGESTA, UN BAGNO CALDO PER RITEMPRARSI - Le acque di Segesta erano già conosciute dai Greci, dai Romani e dagli Arabi: lo dimostrano i reperti archeologici rinvenuti nella zona. Le Terme, che si trovano in territorio di Castellammare (in antichità il paese fu l’antico porto segestano), per gran parte dell’anno sono meta di gente: due sono gli stabilimenti termali, Terme Segestane e Terme Gorga. L’acqua salso-sulfurea che sgorga dalle sorgenti alla temperatura di circa 50 gradi, viene utilizzata per bagni, fanghi, antroterapia, inalazioni, insufflazioni per curare malattie artroreumatiche, respiratorie, cutanee e del ricambio. Alle Terme si recano anche turisti: il sito archeologico di Segesta è a pochi chilometri di distanza, Alcamo e Castellammare altrettanto. Nei limiti di uno sviluppo ecocompatibile, immense sono le possibilità di trarre beneficio dalle risorse naturali (tra mare, campagne e montagne) di cui dispone il territorio castellammarese. Le Terme sono una di queste tante risorse.
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Inviatemi, se volete, le vostre segnalazioni e proposte per un confronto costruttivo con gli enti locali, per accelerare lo sviluppo turistico e quindi economico a Castellammare del Golfo e nella vicina Alcamo Marina.
Massimo Provenza
Massimo Provenza
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