domenica 30 dicembre 2007

Duemilasette addio

Il 2007 se ne va. Non tornerà più, se non alla mente durante la lettura di vecchi giornali e di almanacchi o mentre si sfoglia l'album dei ricordi, che può essere un album di fotografie da poter toccare con mano o invece digitali, televisive o di immagini ricostruite nel cervello da connessioni neuronali. Documenti, archivi, dichiarazioni dei redditi lo faranno sentire meno lontano, in qualche modo, il 2007.
Quattro cifre: 2,0,0 e 7. Le prime tre rimangono al proprio posto. Arriva l'8. E siamo nel 2008, secondo il calendario gregoriano in uso nel mondo occidentale. E' probabile che Gesù Cristo in realtà sia nato 2012 o forse 2015 anni fa, e che quindi ci sia un errore nei calcoli effettuati nel sesto secolo dopo Cristo dal monaco scita Dionigi il Piccolo (Dionysius Exiguus, il quale viveva a Roma e nel 525, in base alle indicazioni dei Vangeli e della tradizione, collocò la nascita del Salvatore all'anno 754 ab Urbe condita). Di sicuro è un errore considerare l'anno zero, perché l'anno di nascita di Gesù è l'anno 1 dopo Cristo: all'epoca in cui visse Dionigi, lo zero non era conosciuto in Europa.
Il 2007 se ne va. Per me è stato un anno di intensa attività professionale, un anno di lavoro per informare: per il Giornale di Sicilia mi sono occupato delle elezioni amministrative comunali ad Alcamo, di tanta, tanta cronaca, di sport, ho raccontato momenti di vita, vita in tutte le sue sfaccettature, comprese purtroppo quelle più dolorose, ma anche tante belle notizie hanno trovato spazio. Il 2007 se ne va mentre i giornali e i tg parlano di Benazir Bhutto assassinata, parlano di un'Italia depressa, di giovani allo sbando, di precariato asfissiante, ma anche di colpi importanti inferti alla criminalità organizzata in questa Sicilia da dove tanti, troppi giovani scappano, cercano lavoro lontano dalla terra in cui sono nati, lasciandola immersa nei suoi problemi di cui cambia col passare dei secoli la forma non la sostanza. E del resto, l'Italia, sempre più zimbello d'Europa, rimane ancora un Paese suddito: nell'Ottocento furono scacciati austriaci, borboni, la Chiesa rinunciò al suo Stato che si estendeva su tutta la parte centrale della penisola, si creò una nazione italiana, una nazione sempre più malata a causa di quell'infezione ancora non sanata che è il divario tra nord e sud. Poi le due guerre mondiali portarono distruzione e morte, mentre il fascismo non produsse ciò che gli italiani si aspettavano, ostacolò il libero confronto di idee e quindi lo scambio culturale, anche se la storia insegna che il prefetto Cesare Mori si oppose energicamente all'illegalità in Sicilia. Seconda guerra mondiale, prima repubblica, sessant'anni di ascesa e caduta. L'Italia dipende tuttora dagli Stati Uniti, dalla Russia, dalla Francia, dalla Germania, da questa e quell'altra nazione perché non è ancora capace di creare da sé lo sviluppo utilizzando al meglio le proprie risorse culturali ed energetiche: sul settore della valorizzazione dell'energia alternativa, entro i limiti dell'ecocompatibilità, c'è tanto da lavorare, le prospettive occupazionali ci sono ma si va avanti molto lentamente, con un governo italiano in costante affanno, in crisi perenne. E' un Paese suddito, l'Italia. Depresso, si euforizza non appena la Nazionale di calcio, dopo 24 anni, riconquista il mondo e dopo un anno si qualifica per gli Europei, mentre per il Milan è apoteosi intercontinentale. Calciopoli, cronaca nera, scandali, scarcerazioni facili, soprusi, truffaldini e furbacchioni che diventano personaggi, tivù spazzatura, giovani senza bussola, adulti più confusi di loro: questa è l'Italia.
C'è ancora qualche sognatore che si concede di riporre speranze nel cassetto del 2008 . Un cassetto che sta per aprirsi: forse non ne usciranno desideri esauditi né sogni realizzati, forse qualcosa cambierà, qualcosa migliorerà e qualcos'altro peggiorerà. Migliaia di giornalisti italiani continueranno a scioperare perché il contratto o l'aumento della paga "da fame" rimangono un miraggio, e continueranno ad informare, come faccio io, perché amano sempre di più fare questo mestiere, perché credono in quello che fanno, al di là del trattamento che viene loro riservato da un mondo dove la gratitudine e il riconoscimento dell'attività professionale sono soltanto parole.
Massimo Provenza

martedì 25 dicembre 2007

Come un'autostrada

La vita è come un'autostrada. Svincoli. Gallerie. Curvoni. Rettilinei. Che io sia sulla A29 o sulla A1, posso uscire e dirigermi verso una città o un paesino che conosco bene o, al contrario, che non ho mai visto. Mi fermo. Riparto. Prima o poi, una lucetta sul cruscotto mi ricorda che devo fare rifornimento di benzina. Un altro viaggio comincia. Un'altra autostrada. Poche decine o migliaia di chilometri. Esco di nuovo ad uno svincolo. E dopo una manciata di minuti mi ritrovo in una stradella di campagna. Scassata, fangosa. Devo stare attento, non posso andare veloce, sennò le sospensioni o le gomme rischiano grosso, così come io di finire in mezzo alle vigne. Un attimo, spengo il motore. Una passeggiata tra gli alberi con lei. La passione tra noi due. La vita in un attimo. E di nuovo in autostrada. E siamo dentro a un tunnel: lungo o breve che sia questo tunnel, mentre lo percorro, lo stereo acceso con la colonna sonora della mia, della nostra vita mi fa pensare che la galleria sta per finire, che è una galleria di immagini, di suoni, di amori e di speranze, di dolori e di lezioni. "Che bella questa canzone", dice lei. Il paradiso è qui, ora. Esco dal tunnel, attento a non farmi abbagliare dal sole. Ma no, è notte fonda. Le stelle nel cielo. I fari illuminano l'asfalto e l'orizzonte. L'aurora, l'alba, i colori dell'autunno, della primavera. Siamo arrivati al chilometro numero 37 oppure 196, siamo sempre arrivati e non arrivati. Dipende da noi. Dov'è il punto d'arrivo? Fermarsi a Milano, a Firenze o ad Alcamo? Dov'è il punto d'arrivo? Rimanere in panne o finire fuori strada? Ma no, che vado pensando. E prima o poi, è vero che la morte arriva, ma non in autostrada, dai! Magari in un letto o non so dove. Non voglio pensarci. Ma ogni tanto bisogna pensarci, per dare valore a quello che sto facendo, a quello che stiamo facendo, per essere presenti, sentire che ogni battito del cuore ogni secondo ogni momento è nascere, nascere di continuo. Vivere. Amare. Grande, immenso peccato è dimenticarcelo, mentre il mondo ci fa ancora respirare, mi fa amare lei e sentire il sapore delle sue labbra, libero di perdermi nei suoi occhi, nell'infinito. Grande peccato è sentirmi disperato anche quando lei non c'è e la sua assenza è per me solitudine. Ma anche da solo, continuo a vivere, finché improvviso l'amore arriva, torna, come l'estate e l'inverno, come il sole e la pioggia, come il giorno e la notte. Che sia lunga il più possibile, questa autostrada chiamata vita.
Massimo Provenza

mercoledì 12 dicembre 2007

Stadio Olimpico

ROMA. Scende lenta, la pioggia. Scende sulla pace di una pomeridiana passeggiata a pochi metri dall'ingresso dello Stadio Olimpico. E in campo scenderà anche la Roma, stasera per una sfida di coppa europea. E' ancora presto. Una partita di calcio. Stasera. Potrà stasera un bambino con il suo papà e la sua mamma camminare qui, come faccio io adesso (magari avrà pure smesso di piovere...) e guardare spensierato tante facce sorridenti, guardare tanti tifosi di nazionalità diverse stringersi la mano, cantare e non prendersi a pugni, calci, coltellate o lanciarsi petardi e bombe-carta? Potrà guardare incuriosito i poliziotti che osservano tranquillamente la gente che entra allo stadio? Potrà domandare a papà e mamma, alla fine della partita: "Voglio tornare qui e vedere tantissime altre partite"?
Potrà, forse. Potrà, se la stupidità umana, dopo avere riconosciuto se stessa, avrà lasciato il posto ad un nuovo senso dell'umanità. Potrà, se l'individuo frustrato, desideroso di far del male, vendicativo, si sarà trasformato in un essere intelligente e consapevole di avere un cuore.
Massimo Provenza

Comitato elettorale

Nella foto accanto: Un comitato elettorale alla vigilia delle votazioni per le amministrative comunali del maggio 2007 ad Alcamo.
Si tratta di una foto sicuramente insolita. Per ragioni di correttezza professionale, ho ritenuto opportuno rendere invisibili alcuni elementi che riconducono all'identità della persona candidata.
Massimo Provenza

martedì 11 dicembre 2007

Respiriamo a pieni polmoni...

ALCAMO. Questa foto è stata scattata in pieno centro storico, nel Corso VI Aprile a pochi passi dalla Piazza Ciullo. In fondo si può notare "lu Cassaru strittu", il Corso stretto ovvero la parte più antica del Corso VI Aprile. Altro che isola pedonale. Gli alcamesi prendono l'auto pure per spostarsi di soltanto dieci metri. E ad Alcamo, di automobili ce ne sono almeno 36 mila in circolazione, oltre a quelle provenienti da fuori città. Oggi rappresenta un record, riuscire a percorrere il Corso dalla via Amendola fino alla via Pia Opera Pastore (poco meno di un chilometro) in appena mezz'ora. Esistono strade alternative da poter imboccare per non rimanere intrappolati nella bolgia di auto, ma in pochi se ne rendono conto o... chissà, forse preferiscono provare l'emozione masochistica di immergersi nell'inferno della lunga attesa e ammorbare di gas di scarico le vie della città.
Massimo Provenza

Benvenuti nella discarica "Bottino"

ALCAMO. Quello che vedete è lo spettacolo che costantemente, ormai da tante settimane, si ripropone al Bottino, il principale serbatoio alcamese di acqua potabile ai piedi del monte Bonifato. "Ma siamo in una discarica?", si domandano seccati i tanti cittadini che usufruiscono dei rubinetti del Bottino per fare rifornimento d'acqua. Tutto ciò accade nonostante il Comune abbia collocato a pochi metri di distanza vari contenitori anche per la raccolta differenziata. "Abbiamo incaricato il nostro personale - fanno sapere dal settore comunale Ambiente - di pulire tale zona ogni giorno". Intanto, i rubinetti vengono continuamente danneggiati da ignoti teppisti.
Massimo Provenza

sabato 8 dicembre 2007

Piazza Ciullo o... piazza Cielo d'Alcamo?

La piazza principale di Alcamo, piazza Ciullo dove si trova il Municipio per intenderci, ha un nome sbagliato? Chissà. Mi è capitato di leggere la Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità della Sicilia, libro scritto di recente dall'illustre storico catanese Santi Correnti. In questo volume, infatti, nella sezione dedicata ai "Misteri e meraviglie della Sicilia comune per comune", relativamente alla provincia di Trapani, Correnti ci fornisce un quadro di alcune curiosità che riguardano Alcamo. A seguito di una lunga attività di ricerca, lo storico riferisce infatti che "il nome Alcamo deriva dall'arabo Alcamah, che indicava una sorta di cocomero (velenosissimo, e perciò non più coltivato)" e che "Alcamo è uno dei tre più importanti centri siciliani per il commercio del vino, assieme a Riposto (Catania) e a Vittoria (Ragusa)".L'analisi prosegue con un riferimento all'epoca risorgimentale. Scrive infatti Correnti che "il barone Giuseppe Triolo di Sant'Anna, alcamese (1816-87), nel 1860, a proprie spese, organizzò le prime squadre di Picciotti, che aiutarono potentemente i "Mille" di Garibaldi, arrivando al numero di circa diecimila. Il duce dei Mille passò da Alcamo il 17 maggio 1860, e in qualità di "Dittatore della Sicilia" (...) vi nominò il siciliano Francesco Crispi 'Segretario di Stato per la Sicilia'".Facciamo un salto in avanti di qualche riga. "E' di Alcamo - prosegue l'autore - la coraggiosa donna Franca Viola, che il 26 dicembre 1965, sebbene "rapita" da un suo focoso pretendente, che era nipote di un potente boss mafioso della zona, non solo rifiutò le nozze "riparatrici", ma denunziò il suo rapitore, e lo fece condannare a undici anni di carcere; e rimase tranquillamente ad Alcamo, malgrado molti le profetassero una montagna di guai; e a suo tempo sposò un bravo giovane, e divenne sposa e madre felice". Correnti cita anche l'agronomo alcamese Girolamo Caruso (1842-1923), il quale "insegnò a lungo Agronomia nell'Università di Pisa, scrisse 130 opere scientifiche, e diresse per quarant'anni la rivista L'agricoltura italiana". Ma c'è - ed ecco che mi ricollego al discorso su Piazza Ciullo - un dato particolarmente curioso che emerge dalle due pagine che l'autore Correnti dedica ad Alcamo in questa sua opera. Si tratta del poeta Cielo d'Alcamo. "Si chiamava proprio così - sottolinea lo storico - e non "Cielo Dal Camo" come vorrebbe qualcuno, per farlo diventare un poeta veneto! E si chiamava Michele, il cui diminuitivo è Cielo (e non Vincenzo, il cui diminuitivo è Ciullo); ma ancora sono in molti a chiamarlo così: e la piazza principale di Alcamo, incredibile ma vero, è intitolata a Ciullo d'Alcamo!".Di sicuro, qualche alcamese ha già letto questo libro di Santi Correnti. Ma sarà proprio così assodato ciò che egli afferma in merito al poeta e quindi al nome della piazza? Se qualcuno ne sa qualcosa in più, ben venga il suo intervento per mezzo di questo blog.
Massimo Provenza

Capita spesso di sentir dire...

Capita spesso di sentir dire: "Gli alcamesi sono bravi ognuno a parlar male dell'altro, a sparràrisi insomma". Capita spesso di sentir dire: "Pochi alcamesi hanno il coraggio di assumersi ognuno le proprie responsabilità, di dire faccia a faccia quello che pensano veramente". Capita spesso di sentir dire: "Molti alcamesi sono egoisti e opportunisti". Capita spesso di sentir dire: "Gli alcamesi sono sudditi, non cittadini liberi".
Certo, sarebbe riduttivo pensare che soltanto gli alcamesi abbiano tali caratteristiche, tipiche (la storia insegna) di gran parte del genere umano. E sarebbe inopportuno generalizzare, considerando soltanto la massa e non gli individui. Ogni persona è unica e in continuo divenire, al di là delle necessarie categorizzazioni senza le quali si rivela difficile rapportarsi con il mondo. Una comunità è fatta di persone. Ma una comunità si differenzia dalle altre comunità. Quindi ogni città si distingue dalle altre per le proprie peculiarità, e per molti è facile mettere delle etichette in relazione a tali peculiarità, mentre per altri, che invece preferiscono non usare il metro del pregiudizio o comunque delle facili identificazioni, è più arduo. Ognuno ha le proprie idee. Un cittadino può definire orribile la propria città, mentre un turista può affermare che è bellissima, e viceversa.
Chi però Alcamo la vive, perché vi abita e/o vi lavora, vede quello che Alcamo è secondo la propria opinione o secondo la realtà dei fatti, riscontrabile attraverso la comune esperienza. E mette in rapporto tale realtà con altre, differenti realtà. Scatta forse un sentimento di invidia nei confronti di quest'ultime oppure al contrario un sentimento di orgoglio. Oppure, nulla di tutto questo. Fatto sta che molti sono gli alcamesi e non alcamesi o, più semplicemente, cittadini del mondo, che usano delle definizioni per spiegare ciò che pensano di Alcamo.
E voi, cosa pensate di Alcamo?
Massimo Provenza

Mihaela e i confini della mente

"Prova questa", mi dice Mihaela porgendomi una felpa. Sono appena entrato a fare shopping in un negozio di abbigliamento sportivo, dove Mihaela lavora regolarmente come commessa. Lei è una ragazza poco più che ventenne, graziosa, occhi verdi e capelli lisci color castano chiaro. Prima che io scoprissi come si chiama, Mihaela mi ha spiegato che è giunta in Sicilia da lontano, qualche anno fa. E' dal suo modo di parlare, dal suo accento, che ho intuito che Mihaela non è italiana, anche se in italiano parla benissimo. Anzi, conosce quasi alla perfezione pure il dialetto siciliano.
"Ma tu non sei italiana", le domando. "No, vengo dalla Romania", mi risponde. "Si sente, vero?", aggiunge con un pizzico d'imbarazzo. "Beh, non è che si nota molto - tengo a precisare -, però è come quando un siciliano si trova a parlare con un milanese: entrambi sono italiani, eppure la differenza nel linguaggio si sente". Mihaela sorride. Da qualche sua battuta, mi pare di capire che lei si trova tutto sommato non male dalle nostre parti. Lavorare al negozio non le dispiace, ma si dice "sempre aperta a nuove possibilità, nuove esperienze gratificanti sul piano professionale e magari studiare al tempo stesso".
Le manca, la Romania, dove ha lasciato tanti affetti. Ma qui in Sicilia ha trovato nuove amiche, nuovi amici, oltre ad un'attività. "So quanti problemi - afferma Mihaela - affrontano gli italiani per trovare un lavoro, ma non è lo stesso che in Romania. Io e i miei connazionali, pur tra tante difficoltà, qui troviamo un minimo di speranza". Già, speranza. I romeni, anche quelli più giovani, sentono ancora le conseguenze del totalitarismo comunista di Ceausescu che fino al 1989 aveva fatto della sua nazione un mondo di miseria e senza libertà. Sono passati diciotto anni, dalla fine di quella dittatura. Italia e Romania, oggi, iniziano pian piano a sviluppare interessanti progetti di collaborazione in vari settori, con relative e concrete prospettive occupazionali.
Penso che come Mihaela, tanti romeni perbene soffrono quando le notizie sulle malefatte di loro connazionali in Italia destano allarme in tutta la Penisola, così come soffrono quando sentono parlare delle varie forme di sfruttamento e di mercificazione con cui tante immigrate e immigrati vengono trattati. Come se fossero "cose" e non "persone". Penso anche che secondo Mihaela (lo penso anche se non mi va di parlarle di queste cose tristi) il governo della Romania farebbe bene a tenerseli in casa propria, anziché sguinzagliati e in giro per il mondo, i criminali romeni incalliti. Nel frattempo, lo stato italiano svuota le proprie carceri, rimettendo in giro gente pericolosa anziché assicurarne la rieducazione in luoghi e tempi tali da garantire la sicurezza civica.
Penso che Mihaela è come una delle tante italiane e dei tanti italiani appena emigrati nella Germania della seconda metà del secolo XX o negli Stati Uniti tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento. Come quei tanti italiani e siciliani che hanno avuto, e hanno ancora oggi, bisogno di molto tempo per superare ostacoli in apparenza insormontabili quali i pregiudizi, la diffidenza, le umiliazioni da parte della società indigena in cui hanno cercato di inserirsi in senso produttivo.
Mihaela si è innamorata della Sicilia. Si rivolge alla cassiera del negozio pronunziando anche qualche parola in dialetto siciliano, in tono confidenziale. Forse grazie anche a lei, il nostro patrimonio linguistico locale non andrà perduto del tutto. E forse, siamo soltanto all'inizio di uno scambio interculturale che potrà arricchirci reciprocamente, sul piano morale e su quello materiale. Perché, se abbiamo la fortuna di interagire con persone costruttive e aperte al dialogo, ci rendiamo conto che i confini che separano i nostri popoli ci sono soltanto nelle carte geopolitiche e nella mente che questi confini li vuole mantenere.
Massimo Provenza

venerdì 7 dicembre 2007

Navigando

Navigo per mare
nel buio della notte.
La bussola e le stelle
mi indicano la via.
Se la barca che tu guidi
è illuminata
e il suo timone
governato con saggezza,
allora non ci scontreremo.
E forse procederemo
seguendo entrambi la stessa rotta.
Ma è sempre giorno, per il mio cuore
che batte, e parla silenzioso
anche quando non lo ascolto.
Massimo Provenza

info personali

La mia foto
Benvenuti a bordo del mio blog. Qui trovate alcune mie riflessioni, immagini, appunti e spunti su cui potete intervenire in qualsiasi momento esprimendo il vostro parere o le vostre critiche costruttive. Sono un giornalista professionista. Scrivo per il Giornale di Sicilia, in qualità di corrispondente dalla zona di Alcamo, Castellammare del Golfo e Calatafimi Segesta, spaziando dalla cronaca allo sport e alle foto. Laureato in Scienze della Comunicazione (indirizzo Giornalismo), sono iscritto all'Albo dei giornalisti professionisti dal 2006. Mi piacerebbe scambiare opinioni con chi visita questo blog, fare nuove conoscenze e intraprendere collaborazioni anche con altre realtà che operano nel mondo dell'informazione, purché sia autorevole e non strumentalizzata. Chi vuole può contattarmi su Facebook o telefonarmi al 3355735207 (ma non rispondo agli anonimi o cosiddetti "numeri privati") oppure inviarmi un messaggio al mio indirizzo di posta elettronica: massimoprovenza@email.it

cenni sulle mie esperienze giornalistiche

Il mio primo articolo su un giornale apparve il 13 dicembre 1997: rubrica Cronaca in classe, Giornale di Sicilia, argomento la riqualificazione di una villa pubblica in piazza Pittore Renda ad Alcamo. Il 29 ottobre 1998 mi telefonarono dalla segreteria dell'Università degli Studi di Palermo per comunicarmi di essermi classificato 33esimo (150 i posti disponibili) nella prova di selezione tra gli oltre mille aspiranti all'iscrizione al corso di laurea in Scienze della comunicazione. Nel frattempo, diversi articoli sul mensile alcamese Il Bonifato e poi qualcuno sul Segestano. Dal 2002 la mia attività di praticantato giornalistico. Dall'ottobre 2005 faccio il corrispondente da Alcamo per il Giornale di Sicilia, sul quale del resto avevo già in precedenza pubblicato alcuni brevi articoli. E' infatti a partire da quel periodo che, dopo essermi laureato nel luglio 2005, mi è stato richiesto di fare le cronache delle partite di calcio dell'Alcamo. Intanto il 20 luglio di quell'anno avevo conseguito il titolo accademico in Scienze della comunicazione, dopo aver completato il tirocinio per l'abilitazione professionale. Un paio di mesi dedicati a prepararmi per l'esame di abilitazione professionale, riflettendo anche sulla possibilità di dare un seguito alla collaborazione avviata durante gli stage nei mesi precedenti a Palermo con l'Ansa, Tgs e il quotidiano La Sicilia, senza trascurare quella di collaborare per la cronaca della provincia di Trapani. Poi una chiamata dalla redazione trapanese del Giornale di Sicilia per mettermi in prova come corrispondente per il calcio. Una delle mie passioni. Non potevo rinunciare. Intanto, il 31 ottobre 2005 ho sostenuto a Roma l'esame scritto (con macchina da scrivere, obbligatoria...) per diventare giornalista professionista, poi la prova orale il 23 febbraio 2006 ricevendo dalla commissione nazionale lusinghieri riconoscimenti per i miei elaborati del 31 ottobre, valutati tra i migliori su un migliaio di partecipanti.
Cliccando qui trovate i miei articoli e servizi per Ateneonline, la testata giornalistica dell'Università di Palermo, realizzati tra il novembre 2002 e l'ottobre 2004. Ho anche collaborato per il mensile Regione Mediterranea, pubblicando alcune inchieste. Il mio primo stage bimestrale l'ho svolto alla redazione palermitana de La Sicilia, con una ventina di articoli firmati. Poi, altri due mesi alla redazione televisiva di Tgs. E, infine, all'Ansa con diversi lanci di agenzia. Esperienze, insomma, molto formative sul piano professionale. Come corrispondente da Alcamo per il Giornale di Sicilia finora ho avuto la possibilità di cimentarmi su vari argomenti, dallo sport alla cronaca bianca e nera, e su cui ho pubblicato migliaia di pezzi principalmente su Alcamo, Castellammare del Golfo, Calatafimi Segesta. Collaboro all'occorrenza anche con l'agenzia di stampa ItaliaMedia. Dal 2007 collaboro anche con la Publikompass per la stesura di testi redazionali da pubblicare sul Giornale di Sicilia. Nel marzo 2009 ho iniziato a pubblicare su un canale You Tube alcune mie interviste filmate, nella prospettiva di inserirle in un nuovo webmagazine che è in fase di progettazione e che sarà da me diretto. Dall'ottobre 2009, proprio a tal proposito, è attivo AlcaMondoBlog, un esperimento di giornalismo partecipativo.

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