"Ma tu non sei italiana", le domando. "No, vengo dalla Romania", mi risponde. "Si sente, vero?", aggiunge con un pizzico d'imbarazzo. "Beh, non è che si nota molto - tengo a precisare -, però è come quando un siciliano si trova a parlare con un milanese: entrambi sono italiani, eppure la differenza nel linguaggio si sente". Mihaela sorride. Da qualche sua battuta, mi pare di capire che lei si trova tutto sommato non male dalle nostre parti. Lavorare al negozio non le dispiace, ma si dice "sempre aperta a nuove possibilità, nuove esperienze gratificanti sul piano professionale e magari studiare al tempo stesso".
Le manca, la Romania, dove ha lasciato tanti affetti. Ma qui in Sicilia ha trovato nuove amiche, nuovi amici, oltre ad un'attività. "So quanti problemi - afferma Mihaela - affrontano gli italiani per trovare un lavoro, ma non è lo stesso che in Romania. Io e i miei connazionali, pur tra tante difficoltà, qui troviamo un minimo di speranza". Già, speranza. I romeni, anche quelli più giovani, sentono ancora le conseguenze del totalitarismo comunista di Ceausescu che fino al 1989 aveva fatto della sua nazione un mondo di miseria e senza libertà. Sono passati diciotto anni, dalla fine di quella dittatura. Italia e Romania, oggi, iniziano pian piano a sviluppare interessanti progetti di collaborazione in va
Penso che come Mihaela, tanti romeni perbene soffrono quando le notizie sulle malefatte di loro connazionali in Italia destano allarme in tutta la Penisola, così come soffrono quando sentono parlare delle varie forme di sfruttamento e di mercificazione con cui tante immigrate e immigrati vengono trattati. Come se fossero "cose" e non "persone". Penso anche che secondo Mihaela (lo penso anche se non mi va di parlarle di queste cose tristi) il governo della Romania farebbe bene a tenerseli in casa propria, anziché sguinzagliati e in giro per il mondo, i criminali romeni incalliti. Nel frattempo, lo stato italiano svuota le proprie carceri, rimettendo in giro gente pericolosa anziché assicurarne la rieducazione in luoghi e tempi tali da garantire la sicurezza civica.
Penso che Mihaela è come una delle tante italiane e dei tanti italiani appena emigrati nella Germania della seconda metà del secolo XX o negli Stati Uniti tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento. Come quei tanti italiani e siciliani che hanno avuto, e hanno ancora oggi, bisogno di molto tempo per superare ostacoli in apparenza insormontabili quali i pregiudizi, la diffidenza, le umiliazioni da parte della società indigena in cui hanno cercato di inserirsi in senso produttivo.
Mihaela si è innamorata della Sicilia. Si rivolge alla cassiera del negozio pronunziando anche qualche parola in dialetto siciliano, in tono confidenziale. Forse grazie anche a lei, il nostro patrimonio linguistico locale non andrà perduto del tutto. E forse, siamo soltanto all'inizio di uno scambio interculturale che potrà arricchirci reciprocamente, sul piano morale e su quello materiale. Perché, se abbiamo la fortuna di interagire con persone costruttive e aperte al dialogo, ci rendiamo conto che i confini che separano i nostri popoli ci sono soltanto nelle carte geopolitiche e nella mente che questi confini li vuole mantenere.
Massimo Provenza
ho letto quello che hai scritto sono rumena pure io emi chiamo mihaela sono contenta di aver trovato qualcosa bella sul di noi.la gente giudica senza aver idea.non voglio chiamarvi razzisti ma e cosi siamo bravi e cattivi come qua ce gente buona ce gente cattiva che ci sfruttano.pero ti dico una cosa nel mio paese i stranier e gli italiani sono tratatti uguale.io sono venuta qua per lavoro ma ho trovato bene epurre il male.alla fine siamo esseri umani..nessuno e perfetto.cmq grazie e complimanti
RispondiEliminaCiao Mihaela, grazie a te. Siamo tutti esseri umani. Mi rendo conto che comunque ci sono molte complessità che rendono difficile la convivenza, ma questo succede anche tra connazionali che si ritengono civili, ricchi e progrediti.
RispondiEliminaIo non ti conosco. Ma mi pare di capire che tu credi nei valori del reciproco rispetto, del lavoro produttivo, del dialogo e della fratellanza. Ti auguro una vita serena. Ciao.